Caro essere umano, non sei l’unico nel creato
di Massimo Capriuolo
Assistiamo oggi a varie tipologie di conflitti, a partire da quelli negli allevamenti intensivi, oramai criticati anche da chi non è né animalista o vegetariano, fino ai conflitti con le cosiddette specie aliene e la fauna selvatica.
Ad esempio, i cinghiali in Italia fino a 30 anni fa, erano autoctoni e pochi, non rappresentavano un problema. Successivamente furono introdotti dai cacciatori e dalle Regioni cinghiali di un’altra specie per l’attività venatoria.
Per la loro prolificità e maggior mole, oggi hanno preso il sopravvento, purtroppo danneggiando coltivazioni e talvolta attaccando persone e animali allevati.
Altri esempi di conflitti interspecie sono: storni che decimano la produzione di olive, lepri ed istrici che divorano interi campi di ortaggi.
A causa della caccia abusiva, la scomparsa dei grandi erbivori e la competizione per il cibo con cani selvatici e volpi, anche i lupi si sono ridotti e di conseguenza nell’ecosistema è venuto meno un predatore fondamentale.
La situazione è comunque sotto controllo? Gli irriducibili del conflitto pro-umani, hanno sempre idee geniali. Da parte del governo ultimamente è stato approvato un emendamento nella legge di bilancio che prevede la possibilità di cacciare tutto l’anno la fauna selvatica (cinghiali, lepri, ecc.) anche in parchi e città, insomma un vero far west e, sentite, con la precisazione che gli animali abbattuti siano destinati solo a scopo alimentare!
Gli agricoltori per fronteggiare le scorribande delle mandrie di cinghiali e altri animali recintano, anche con elettrificazione, le aziende agricole. È una situazione, a detta dei produttori, insostenibile, con problemi economici, sociali e ambientali.
Ma chi è l’artefice di questi conflitti inter-specie? È il nostro modello di sviluppo neoliberista basato sul profitto ad ogni costo, che sta portando alla tropicalizzazione intere regioni del pianeta, con aumento delle temperature sia marine che atmosferiche.
Il Mar Mediterraneo è diventato il più invaso al mondo da pesci esotici, a causa dell’aumento delle temperature. L’Istituto per le risorse biologiche e biotecnologie marine (Irbim) ha pubblicato sulla rivista Global Change Biology uno studio secondo cui 200 nuove specie sono giunte stabilmente nel Mediterraneo negli ultimi 130 anni.
Lo spostamento di masse di animali da una regione all’altra a causa dei cambiamenti climatici, comporta anche lo sviluppo di epidemie e diffusione di nuovi microrganismi. Molte specie migratorie di uccelli sono oggi a rischio estinzione in conseguenza della più grande epidemia di influenza aviaria in corso mai registrata in Europa, causata dagli allevamenti intensivi di avicoli. Oltre ai contatti tra animali allevati e specie migratorie, la situazione è peggiorata anche dalla tropicalizzazione del clima che porta a stabilirsi in modo residenziale alle latitudini mediterranee le varie specie di volatili.
Caso studio è l’aumento della popolazione dei cormorani in tutt’Italia. A causa dell’innalzamento delle temperature, i cormorani da uccelli migratori si sono trasferiti divenendo stanziali in molte zone costiere e lagunari ricche di specchi d’acqua (Puglia, Lombardia, Friuli, Emilia, Sardegna, ecc.), arrivando a mangiare svariati chilogrammi di pesci, impoverendo le risorse marine e impianti di acquacoltura. Fino a qualche anno fa, con le temperature invernali ancora rigide, molti ne parlavano descrivendone gli aspetti romantici e di maestosità, annoverandoli nella Lista Rossa degli animali in pericolo d’estinzione. Oggi, invece, molte associazioni di categoria ne lamentano la presenza, li vorrebbero eliminare perché i pescatori non hanno strumenti adatti per fronteggiarne la voracità.
I cormorani sono una specie protetta dalla Convenzione di Berna e dalla Legge 157/92. Tuttavia da diversi anni sono sotto tiro e sottoposti a campagne di abbattimento in seguito alle situazione di aspra conflittualità con le attività economiche. Lo hanno fatto la Regione Lombardia ed Emilia e il Friuli nel 2021 autorizzò l’abbattimento selettivo di centinaia di esemplari di cormorani per garantire la pesca professionale e sportiva. Se ne parla oggi anche in Puglia e Sardegna.
La preoccupazione non è tanto perché i cormorani per natura si alimentano di molto pesce, o perché è a cuore il benessere e la vita dei pesci. L’interesse trasversale delle forze politiche che hanno approvato questi provvedimenti, evidentemente è solo garantire approvvigionamento ittico ai pescatori professionali e sportivi, togliendolo ai cormorani. Eppure, i cormorani rivestono un importante ruolo nell’ecosistema naturale internazionale e se stanno diventano stanziali in Italia, è a causa del surriscaldamento climatico. È qui che serve intervenire.
Secondo gli autori dello studio Licensed Cormorant Phalacrocorax del 2013, non esistono differenze dei tassi di crescita di popolazione dei cormorani tra le aree in cui sono stati effettuati abbattimenti, rispetto ad altre zone in cui non si è proceduto ad abbattimenti. Tali misure di controllo drastiche, non riducono il fenomeno del problema su scala né locale, né generale.
Riteniamo che il ricorso all’abbattimento degli animali selvatici sia da evitare e che debba essere l’ultima ratio, solo in caso di pericolo di vita delle persone. Non si dovrebbe ricorrere a piani d’abbattimento poiché la richiesta proviene da una sola categoria sociale (in tal caso i pescatori). Quando le istituzioni uccidono animali selvatici o autorizzano che lo si faccia è sempre una sconfitta per l’umanità, nonché una ferita per coloro che amano e rispettano il mondo animale. Ricordiamo l’ultimo caso dell’orsa F43 in Trentino, morta in una trappola-tubo, forse a causa dell’anestetico somministrato.
Occorre iniziare a pensare non solo in termini di equità economica, ma anche in termini di equità ecologica. Non è vero che economia ed ecologia seguono leggi diverse, l’Etica dovrebbe essere alla base di entrambi e dove c’è la prevaricazione di una parte forte su una più debole, non possiamo più parlare di Etica.
In 50 anni si è dimezzata la popolazione ittica nei mari di tutto il mondo a causa della pesca intensiva in ogni angolo di mare e in tutti i modi e forme. Ma i pesci sono obbligati a farsi catturare e quindi man mano a scomparire?
Una delle cause della scomparsa in solo mezzo secolo, è stata la globalizzazione, per cui ad esempio specie ittiche dall’Oceano indiano devono arrivare nei mercati italiani ogni giorno.
Possiamo creare ad oggi maggiore consapevolezza neoumanista e cultura ecologica nelle persone, allo stesso tempo migliorare le condizioni zoologiche?
Se avere un impianto di acquacoltura significa immettere più pesci piccoli per alimentare quelli da allevare, significa che l’attività non è in equilibrio ed ecologicamente è insostenibile, perché sottrae più popolazione ittica al mare di quella che ne crea, non è etico ed è una follia anche economica.
La maggioranza delle persone è ignara di ciò che accade nei fondali marini, sia in termini di inquinamento che nella riduzione della biodiversità e delle specie ittiche. Siamo collegati al mare più di quanto possiamo immaginare, a prescindere se abitiamo in montagna, collina o su costa. Dobbiamo proteggere il mare come risorsa naturale e salvaguardare la biodiversità marina. Forse i cormorani hanno scoperchiato il vaso di pandora?
Trovo molto giusto quanto dici. Però la gente è troppo abituata a mangiarsi gli animali