Evoluzione dei linguaggi, senza le multe
Sembra non ci sia una lingua pura. Ogni vocabolario si arricchisce con parole speciali di altre lingue o inventate ex novo e la lingua cambia quasi completamente ogni 1000 anni, nei suffissi, prefissi etc.
Per poter esprimere nuovi concetti ed arricchire la nostra lingua dovremmo, oltre che acquisire termini da altri idiomi, inventare parole nuove. Il fiore “petaloso“, termine inventato da un alunno, ne è un esempio. Si è trovato che i bambini riescono, nella loro purezza mentale, a regalarci nuovi termini: gli “spaghetti“, ad esempio, diventano “scabetti“. Come si genera una parola? P. R. Sarkar suggerisce: dalla “radice acustica“, o dal suono, dell’azione o dell’oggetto che suscita nella nostra mente. Il termine “tacco” della scarpa, deriva dal suono o radice acustica del rumore del calpestio della scarpa sul pavimento: tic-tac, tic-tac.
Il vocabolario tedesco è il più ricco di parole, oltre 500.000, perché molte sono composte da due o più tra i termini esistenti: Kaffetasse (tazza di caffè). Quello inglese ha circa 450.000 termini, molti acquisiti da paesi diversi. Ha inglobato ad esempio i termini “etcetera” e “via” (pron. vaia) dal latino.
ll dizionario italiano ne possiede circa 180.000, in effetti molte parole hanno un doppio significato: il pesto, “io pesto” verbo… Ma sin dall’800 ha inglobato termini inglesi a piene mani come “club, festival, leader, ecc.”.
Se poi guardiamo alla lingua bengalese, troveremo molti termini uguali, uguali a quelli italiani e con lo stesso significato: “sala, camicia, gola, vedova!”
Non diciamo chi le abbia acquisite prima dell’altra, ma tale lingua contiene il 95% di termini sanscriti e può darsi che un po’ della lingua italiana derivi proprio dal sanscrito, la madre di tutte le lingue.
Il problema dei termini di importazione in effetti c’è quando abdichiamo allo sforzo di chiarezza e semplicità di espressione nel farci capire dagli altri. Un esempio: “durante il “lockdown” sono stato ad un “meeting” sul tema della “block chain” ed è stato “wanderfull”. La persona media direbbe: “non c’ho capito niente“.
Per farci capire senza dover “andare sempre in prestito”, dovremmo poter arricchire la lingua italiana di nuove parole. Quando chiediamo ad esempio “come definiresti il sapore dolce della mela?” In genere si risponde: “dolce!“. Della pesca? “Dolce“. Della pera? “Dolce“.
Certo possono essere tutte dolci, ma ci mancano i termini per differenziare il tipo di dolcezza sperimentata. Che possiamo dire: dolcemela, dolcepesca o dolcepera? Ecco dovremmo intervenire qui con nuovi termini… e se non ci riusciamo accettiamo parole di altre lingue che li sintetizzano al meglio.
Oggi non parliamo più la lingua di Dante, certo, ma affibbiare una multa per chi usasse parole esterofile non sarebbe saggio. È un approccio negativo e non ha portato da nessuna parte in passato.
Potremmo invece apprezzare molto di più un incoraggiamento positivo a creare parole nuove per esprimere le idee al meglio. Ma ricordiamoci della “radice acustica” dell’oggetto o dell’azione! Coraggio!
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