Indagine Conoscitiva su Agricoltura e Allevamento a Zevio (VR)
Indagine, … al di sopra di ogni sospetto …, sulla struttura ed efficienza del sistema agricolo e di allevamento della zona di Zevio, Verona. Comparata ad altre realtà e alla luce della teoria economica PROUT.
Lo scopo dell’indagine conoscitiva è di tracciare la mappa della situazione, la struttura produttiva, l’efficienza del sistema, coordinamento, problematiche ed efficacia nel rispondere alle esigenze di sostentamento della società da parte del settore primario.
Si dice nel PROUT che la proprietà della terra non è degli agricoltori, ma di tutta la società e che la società stessa delega i produttori a lavorarla per soddisfare una esigenza fondamentale dell’esistenza: gli alimenti. Gli agricoltori sono solo usufruttuari delle terre e le lavorano per conto della società tutta, anche se sulla carta risultano di essa proprietari.
Espressa così c’è l’idea che se è la società tutta, compresi gli stessi produttori agricoli o e allevatori, che deve trarre sostentamento dall’agricoltura, dovrà essere data particolare attenzione al settore.
Sono gli stessi agricoltori, e non solo, a dire che l’agricoltura è in Italia la Cenerentola dell’economia. Non viene data particolare enfasi, da parte del Governo, all’efficienza produttiva, alla programmazione delle produzioni, allo stoccaggio di sicurezza, alla formazione delle giovani leve, in un settore di importanza cruciale per la vita della popolazione.
Si dice: “Qual’è il settore più importante dell’economia? L’agricoltura. E in agricoltura qual’è il fattore più importante? L’acqua”. I giovani non vogliono sporcarsi le mani, il lavoro agricolo è considerato di serie B, è invece il settore più interessante e chiave dell’intera filiera economica. In questo breve escursus di indagine vediamo quali sono gli aspetti salienti della nostra agricoltura locale.
Situazione:
- Negli ultimi dieci anni nel Veronese si sono persi 500 ettari dedicati alla mela.
- Si stima un calo del 30%nella zona di Zevio, Ronco e Belfiore, mentre va meglio a Villafranca e nel Basso Veronese, da Minerbe a Roverchiara, da Palù a Legnago.
- Ridimensionamento delle superfici, cambiamenti climatici con gelate e siccità, insufficiente remunerazione, modeste rese e scarsa aggregazione sia produttiva, sia commerciale.
Stime: Confagricoltura
Premessa
Visitando diverse aziende della zona di Zevio, sia del settore agricolo sia di allevamento di mucche da latte, viene subito all’occhio che gli addetti ai lavori sono per lo più anziani, vicini alla pensione, in molti casi già in pensione che continuano l’attività e altro fatto che tocca il cuore, in moltissimi casi non hanno eredi nell’attività.
I figli preferiscono il lavoro nell’industria perché quello agricolo o di allevamento non ti assicura un reddito stabile. La seconda ragione è che richiede parecchi sacrifici: senza orario fisso e soprattutto quello dell’allevamento ti scombussola la vita con l’alzata alle 2 del mattino, sonno pomeridiano, poi altro lavoro e a coricarsi alle 9 di sera. Per i giovani questa routine diventa complicata.
Si dice che, il prezzo del latte, viene determinato da chi lo acquista, non da chi lo vende, senza valutare i costi di produzione! In effetti viene fissato dalla triplice alleanza sindacale nazionale degli agricoltori, a Roma. E per chi ha in parallelo, nel caso di allevamento, anche produzione di BIO GAS, il prezzo del latte diminuisce, … perché l’allevatore ha già un reddito proveniente appunto dal Biogas. Mi piacerebbe conoscerne la reale situazione.
L’indagine
Produzione agricola
Aziende agricole di 2 tipi
Vi sono aziende agricole votate alla monocoltura, prevalentemente mele e pere, altre che hanno differenziato la produzione.
Un’azienda in particolare ha attirato la mia attenzione per la varietà di coltivazioni e la presenza di allevamento.
Di proprietà 15 ettari di terreno coltivato a 1,5 ettari di mele, 9 ettari di vigneto e 25 ettari in affitto per granaglie.
In effetti hanno un fiorente allevamento di tacchini che permette loro, in caso di crisi della mela, come nel 2021 per una gelata, di sopravvivere. Le granaglie servono al consumo interno dell’allevamento.
Chi ha invece solo produzione di mele, un altro esempio di 20 ettari, nel 2021 ha prodotto solo 3.000q, rispetto ai 7.000q del 2022, perdendo ingenti guadagni. Inoltre gli investimenti effettuati per ettaro di meleto sono molto alti, circa 100.000€ per l’acquisto di 3.000 piante a 6€ l’una, le reti antigrandine, i pali di sostegno, l’irrigazione, e il lavoro. Quindi è rischioso investire cifre alte se vi è incertezza sia climatica sia di commercializzazione.
Ma per il clima ci sono le Assicurazioni mi ha risposto un agricoltore/allevatore: è meglio se viene la grandine, che ti risarciscono meglio che a vendere il prodotto!
A differenza delle produzioni e allevamento integrati, le aziende a monocoltura rischiano molto di più, per cui si suggerirebbe di associarsi ad altri produttori, per gli acquisti e la vendita e differenziare le coltivazioni.
La monocoltura è rischiosa.
Ho trovato un produttore di Cerea (VR) che aveva 40 ettari coltivati a mele e pere. Un anno ha perso circa 80.000€ per il prodotto conferito alla cooperativa, ma invenduto.
Un bel mattino è uscito di casa e ha tagliato tutte le piante di mele!
Per questa ragione l’associazionismo e la differenziazione nelle produzioni, con l’obiettivo di soddisfare il mercato locale, e non solo, potrebbe essere un toccasana. Ma deve esserci un mercato pronto ad assorbire le produzioni!
Il Presidente di Coldiretti veronese, a seguito della crisi della produzione di mele, ha ipotizzato la rinascita dell’Istituto Sperimentale di Frutticoltura chiuso con la riforma delle Province. Ma anche la ricerca sul campo, pur estremamente necessaria, non sarà sufficiente se non si porrà mano ad una ristrutturazione in senso associativo e alla produzione agricola integrata.
Poi vi è un grosso problema: se molti dei prodotti agricoli e di allevamento vengono dall’estero, Spagna, Polonia, et altri, a causa dei minori costi di produzione, ai nostri produttori non sarà mai possibile soddisfare il mercato interno. Ciò causa perdite economiche e disoccupazione.
Inoltre i giovani non saranno mai incentivati a lavorare in azienda per l’incertezza del reddito, impossibilità di massima meccanizzazione che allevierebbe il lavoro.
La parola di Giovani
Dice Alessandro: “Per quanto riguarda il tema dei giovani è che non si ha molta sicurezza sul futuro di questo settore, quindi chi vuole intraprendere un attività di questo genere ci pensa più di 2 volte prima di fare un investimento importante.
Ovviamente si sa che il reddito per un imprenditore agricolo non può essere stabile e sicuro ma in questo momento se un giovane si vuole avvicinare a questo mondo lo stipendio che riceverà quest’ultimo non potrà essere competitivo rispetto alla retribuzione di altri settori. Di conseguenza in questo modo il lavoro dell’allevatore diventerà sempre meno conosciuto.
Sul fatto delle ore lavorative penso che ognuno sceglie il lavoro che vuol fare (nel limite del possibile), si sa che in questo settore si hanno pochi tempi liberi quindi deve essere preso più come una scelta di vita che un comune lavoro”.
La sicurezza del reddito in agricoltura e allevamento potrà diventare realtà, secondo la teoria economica PROUT, se:
- L’agricoltura verrà considerata alla stregua dell’industria, calcolando i costi di produzione, includendo lavoro, ammortamenti, meccanizzazione, riserve, etc.
- Se verrà riconosciuto che il settore primario è la parte più importante dell’economia e il fattore chiave dell’agricoltura è l’acqua. Senza ac-qua non vi è sviluppo economico.
Comparazione con altre iniziative
Per le Cooperative Trentine la musica è diversa: I Consorzi di conferimento assicurano il ritiro del 100% del prodotto a tutti i produttori! Qui vi è certezza del futuro. In sintesi possiamo dedurre che:
- L’obiettivo dei produttori agricoli e allevatori è di soddisfare il mercato locale , e ciò richiede PIANIFICAZIONE delle produzioni.
- Da qui la necessità di cooperare in qualche modo, di lavorare assieme e assicurarsi l’offerta della massima varietà di prodotti.
- L’Autosufficienza produttiva deve essere un obiettivo primario per l’equilibrio economico locale e per la massima occupazione.
Se anche la UE adottasse questo sistema, ogni paese avrebbe la possibilità di svilupparsi adeguatamente in tutti i settori, mantenere la propria popolazione con la massima occupazione, diminuire la povertà e la conflittualità sociale.
Cooperazione? Mai!
Qui a Zevio ogni intervistato/a, quando ho parlato di associazionismo ha storto il naso e ha affermato che fino ad oggi non è stato possibile.
Anzi il tentativo di aprire due cooperative di produzione c’è stato, ma hanno chiuso poco tempo dopo. Manca una spinta propulsiva adeguata e obiettivi comuni, che la Regione o le amministrazioni dovrebbero infondere, visto che il sindacato si è notato non avere nessun ruolo in questo.
Ruolo del Sindacato agricolo
Alla domanda se i Sindacati aiutino a risolvere queste problematiche o sono propositivi di soluzioni condivise, la risposta è stata: “i Sindacati non fanno il proprio lavoro, fanno i Commercialisti!”.
Nel senso che disbriga le pratiche amministrative delle aziende, ma per i problemi strutturali essenziali in agricoltura o allevamento non dà prospettive.
Cooperative di Conferimento
Le cooperative di conferimento hanno l’arduo compito di ricevere e conservare la merce, frutta in generale, e la sua commercializzazione.
Vi sono due importanti aziende di conferimento a Zevio, la Clementi (Coop di lavorazione e privata per la Commercializzazione) e la APO Scaligera (Cooperativa). La Clementi ha una cooperativa di confezionamento a Laives (BZ). Quest’ultima commercializza mele in tutta Europa, serve i maggiori supermercati italiani, Est Europa, Arabia Saudita, Egitto). Ha 5 magazzini di stoccaggio, 2 per la lavorazione.
Dalla APO Scaligera non ho ricevuto informazioni.
Gestione dell’acqua
Ho intervistato i produttori agricoli sulla fornitura di acqua per le colture. Alcuni sono soddisfatti per la costante e sufficiente fornitura da parte del Consorzio di Bonifica Acque Veronesi, che costa mediamente a seconda dell’estensione del terreno dai 3 ai 4.000€/anno.
Altri invece sono in difficoltà perché le canalette di trasporto dell’acqua sono o rotte od obsolete e non fanno arrivare l’oro bianco alla proprietà. Sono costretti perciò a pescare dai pozzi artesiani con profondità variabile, ma mediamente sui 25mt. La falda acquifera si attesta sui 5-8 mt.
C’è da notare che nel 2003, anno di forte siccità, la Regione Veneto ha proibito il prelievo dai pozzi artesiani su tutto il territorio a causa del progressivo abbassamento della falda acquifera.
Per cui a metà agosto del 2003, alla conferenza sull’acqua organizzata presso il Comune di Mezzane di Sotto (VR), hanno partecipato 130 persone, gran parte agricoltori e allevatori molto preoccupati.
Se infatti l’abbassamento della falda acquifera scende sotto i 16mt, la zona si desertifica. La soluzione migliore perciò è la costruzione di invasi, laghetti, stagni serbatoi sparsi su tutto il territorio, che intercettano l’acqua piovana dove cade, molto abbondante in qualche periodo dell’anno. In Veneto il livello medio di precipitazioni è di circa 950mm/anno! Se non raccolta va a finire al mare senza essere utilizzata. Uno spreco!
Molti degli agricoltori, proponendo l’idea di riservare parte del loro terreno alla costruzione di un invaso per la raccolta dell’acqua piovana o come riserva che accumuli l’acqua gestita dai Consorzi di Bonifica in tempi di abbondanza, sembravano d’accordo.
Qui la Regione potrebbe venire in aiuto con i fondi agricoli o per la messa in sicurezza del territorio che ammontavano nel 2017 a ben 4 miliardi di euro.
E’ più redditizio creare migliaia di laghetti decentrati sul territorio, che intercettano l’acqua piovana, piuttosto di grandi vasche di laminazione ai bordi dei fiumi.
Infatti se viene intercettata l’acqua piovana sul territorio, e soprattutto a monte, con canalizzazioni di collegamento, questa non si riversa nei fiumi e si evitano le esondazioni.
Produzione di Latte
Nella zona di Zevio vi sono 8 stalle di mucche da latte, attive, da 38 presenti in passato. Sono rimaste nonostante la pressione esercitata dal sistema delle QUOTE LATTE, per cui alcuni di loro hanno sborsato centinaia di migliaia di euro per accaparrarsi ulteriore produzione, di 3-5-8.000 quintali di latte. Qualcuno poi non le ha potute utilizzare per problemi di produzione e mercato.
La tristezza che si ravvisa nei volti degli allevatori, gran parte anziani e senza il ricambio delle nuove generazioni, è toccante: “molti saranno costretti a chiudere, per mancanza di ricambio da parte dei figli. Si sono perse due generazioni in agricoltura!”.
Quali sono i problemi riscontrati?
E’ vero il prezzo di vendita del latte è aumentato da qualche anno a questa parte da 0,33-0,37€ a 0,55€. Ma è raddoppiato il prezzo dei cereali e dei mangimi per l’alimentazione bovina. Quindi siamo punto e a capo.
In media le stalle ospitano 80-130 mucche da latte. Con 90 mucche da latte si producono 12.000 quintali di latte /anno. Con le mucche Frisone Rosse invece la produzione cala a 9.000q/anno.
Vi è un solo produttore di latte BIO che vende il latte a 65centesimi/litro. Anche qui il foraggio e i cereali BIO costano di più, per cui, con i ricavi siamo ancora punto e a capo.
Non vi sono Gruppi di Acquisto, per i mangimi, foraggi etc. se non in due o tre casi.
Gli allevatori hanno un fabbisogno annuo più o meno regolare di mais, frumento, erba medica et altre coltivazioni. Non ho visto un accordo preliminare con i produttori agricoli locali che hanno coltivazioni estensive di questi prodotti.
Agli agricoltori spesso manca il concime naturale, il letame, un accordo tra allevatori e agricoltori, farebbe molto comodo.
Se vi fosse un accordo di acquisto di gruppo di tutto il prodotto di MAIS, FRUMENTO etc. sia l’agricoltore di estensivo sia l’allevatore avrebbero dei benefici.
Manca questa sinergia tra produttori e allevatori. E il sindacato dovrebbe fare qualcosa se volesse essere utile alla causa.
La proposta perciò, anche qui, sarebbe di federarsi per condividere la problematiche, le conoscenze, i macchinari, combinare gli acquisti, e contrattare il prezzo del latte con l’acquirente, di solito Grana Padano o latterie locali. Come si farebbe nelle RETI di IMPRESA.
La situazione di: “OGNUNO PER CONTO PROPRIO”, non giova allo sviluppo. Ed è un danno sia per lo stesso allevatore/agricoltore sia per la popolazione che usufruisce dei prodotti e servizi.
Qualcosa sta cambiando. In questi momenti di forti pressioni esterne e disgregazione del tessuto produttivo, sta emergendo la necessità di cooperare, di lavorare assieme per risolvere problemi comuni, che individualmente sarebbero impossibili da affrontare.
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