Siamo alla Canna del GAS
Di Franco Bressanin
Premessa
Nei giornali abbondano le notizie sull’enorme aumento dei prezzi dell’energia, che si riflette sulle bollette che consumatori e imprese sono costretti a pagare. Gli aumenti sono così rilevanti che il governo ha stanziato diversi miliardi per contenerli, almeno in parte. Le cause di questo fenomeno sono principalmente di natura finanziaria, perché il prezzo del metano sta salendo per effetto della speculazione che moltiplica i risultati dell’incremento che nel 2021 ha avuto la domanda globale. Ma la preoccupante ascesa dei prezzi del gas non va attribuita solo alla speculazione o al mercato globale in crescita. Vi sono altre cause, anche se poco trattate dai mezzi d’informazione.
I certificati bianchi: l’inizio della crisi
Già dal 2018, cioè molto prima della guerra in Ukraina, si lamentava un diffuso aumento delle bollette energetiche, gas ed elettricità. Perché e a cosa era dovuto? Esistono i TEE, Titoli di Efficienza Energetica., che i distributori di elettricità e gas oltre una certa dimensione sono obbligati a comprare se non vogliono realizzare interventi di efficientamento nella loro struttura. Questi titoli beneficiano di un “contributo”, legato proprio all’andamento dei prezzi: più i prezzi sono alti, più lo é anche il contributo, che alla fine pesa sulle bollette di gas ed elettricità. Ebbene, nel 2018 i titoli hanno sfondato i 425 euro per certificato quando un anno prima erano sui 250 e due anni prima erano a 100 euro.
Il Gestore dei Servizi Energetici (Gse) ha calcolato che gli oneri per i TEE, già nel 2016, anno in cui è cominciato il fenomeno, sono raddoppiati a quasi 1,4 miliardi di euro (dai circa 700 milioni del 2015) e un anno dopo erano già a oltre 400€, oltre il quadruplo in due anni.
Questo perché se una società ad esempio ha fatto un intervento in efficienza energetica e ha ottenuto dei titoli a 100 euro, oggi li può rivendere a oltre 420 euro a chi non ha fatto interventi ed è obbligato a comprarli. Ma anche questi ultimi operatori che si ritrovano a dover comprare i titoli a questi prezzi non ci perdono: il GSE infatti è obbligato a rimborsare una quota dei certificati secondo un parametro calcolato dall’Autorità per l’Energia. Più è alto il prezzo e più è alto il rimborso. Che va a finire, anche quello, in bolletta.
A novembre 2017 il Movimento 5 Stelle aveva presentato in Parlamento un’interrogazione all’allora ministro dello Sviluppo Calenda perché rivedesse il meccanismo dei certificati bianchi, ma l’interrogato non ha mai risposto e la situazione è rimasta inalterata.
La speculazione: i futures
Il mercato dell’energia e delle altre materie prime, al pari del mercato azionario, é caratterizzato dai futures, vale a dire da promesse di acquisto futuro al prezzo corrente di mercato con il quale si ottiene il diritto di acquistare o vendere un’attività o un prodotto in una data successiva per un prezzo fissato al momento della stipula. Ovviamente il compratore prevede un aumento del prezzo, e, quindi si aspetta un profitto, mentre, viceversa, chi vende spera in una sua diminuzione.
Nella versione moderna i future nascono quasi 200 anni fa come strumenti assicurativi, utilizzati innanzitutto in agricoltura dove i prezzi dei prodotti sono esposti a forti oscillazioni a causa dell’andamento variabile dei raccolti. Per fare un esempio, un agricoltore che produce grano ha l’interesse a fissare prima il prezzo, mettendosi così al riparo da imprevisti. Così se il raccolto è abbondante portando i prezzi al ribasso, se ha sottoscritto il contratto future, lui avrà il prezzo pattuito in precedenza. Dalla parte del compratore vale l’opposto. Se il raccolto è scarso ed il prezzo alto, lui, in forza del contratto firmato in precedenza, pagherebbe un prezzo più basso di quello di mercato al momento. I future sono insomma una specie di assicurazione sui prezzi di un prodotto, che può essere qualunque, materie prime, prodotti agricoli ed industriali, energia.
I future sono catalogati in base al prodotto ed al mese della prevista consegna. In questo periodo c’è una forte concentrazione di interessi finanziari proprio su prodotti energetici e gas.
Proprio questo ultimo è legato ai prezzi dei future scambiati al mercato di Amsterdam, che, buono a sapersi, gestisce solamente circa il 2 % di tutto il mercato mondiale del gas.
Il meccanismo che regola i future è
tale da renderli estremamente speculativi per la finanza, dato che essi possono essere scambiati direttamente e senza che avvenga la consegna materiale dei prodotti, sfruttando anche l’effetto leva.
Se ad esempio voglio comprare una partita di greggio che al momento vale 50 dollari al barile, e penso che il prezzo salirà, compero dei future per avere tra un mese 10000 barili a 50 dollari l’uno. I future che compro potrebbero costare ad esempio 1 dollaro al barile. Quindi, se dovessi pagare il prezzo di tutto il greggio che compro dovrei sborsare 10000 x 50 = 500.000 dollari. Invece così mi riservo la partita spendendo solo 10.000 x 1 = 10.000dollari. Se supponiamo alla scadenza il prezzo al barile sia salito a 60 dollari, io guadagno 10.000 x (60 -50) = 100.000 dollari, con un investimento di soli 10.000 dollari. Con un profitto del 1000 %. Se però il prezzo scende, supponiamo a 40 dollari, i miei future che mi danno il diritto di acquisto a 50 dollari al barile, diventano carta straccia, io perdo i miei 10.000 dollari. La leva quindi è un enorme moltiplicatore sia dei guadagni che delle perdite. Tutto questo però comporta una forte pressione sui prezzi dei prodotti trattati dai future, molto di più delle transazioni reali con movimento e scambio di merci.
L’attività di trading sui futures è una transazione privata a somma zero, nella quale al guadagno di un soggetto corrisponde simmetricamente la perdita per l’altro contraente. In definitiva un’operazione neutrale che non ha conseguenze economiche dirette sui soggetti terzi. Quando, però, la speculazione al rialzo prevale, come è avvenuto negli ultimi mesi, si verifica un effetto anche sui mercati, dove i prezzi delle attività coinvolte nell’operazione aumentano, danneggiando sia i produttori che i consumatori. La profonda dipendenza del mercato dell’energia dalla speculazione è l’effetto di una modifica radicale nella natura dei contratti di vendita. Questi nel passato erano prevalentemente a lungo termine a prezzo prefissato, ma, a partire dalla crisi finanziaria del 2008, si è continuamente accresciuto il numero delle transazioni che avvengono al prezzo spot, cioè giornaliero, il cui valore si determina sul TTF, Title Transfer Facility, mercato olandese di riferimento europeo.
In queste transazioni vengono investiti enormi capitali, attirando la speculazione da parte di banche come Goldman Sachs, Morgan Stanley, compagnie energetiche come Shell, Bp, Exxon, etc e giganti del trading di materie prime come Trafigura, Vitol, Glencore o Cargill.
Gli enormi capitali così investiti nella finanza speculativa generano denaro senza creare ricchezza reale, dato che non producono un solo chiodo o chicco di grano in più nel mercato reale. Contribuiscono però a muovere ed accumulare quantità di denaro che, benché sia costituito da bit nei computer della finanza, e non da banconote o corrispettivo in oro, possono facilmente essere convertiti in questi ultimi, dando così alla finanza un potere economico tale da superare i bilanci di intere nazioni. Si calcola che al momento la quantità di denaro custodita nei forzieri digitali della finanza sia 70 volte il valore del PIL mondiale. Si tratta di una bolla di dimensioni astronomiche, che si sta gonfiando e quando, come la fisica ci insegna, la velocità e la pressione di espansione supererà un certo limite, si avrà la deflagrazione.
Gli extraprofitti lasciati intatti
In Italia più del 40% dell’energia viene da fonti rinnovabili, scollegate dai prezzi del mercato del gas, dato che il costo di produzione e degli ammortamenti degli impianti è rimasto pressoché costante, nonostante gli aumenti del mercato del gas. Eppure si è permesso alle aziende energetiche di aumentare i prezzi di tutta l’energia commercializzata, senza tener conto di questo. Così, per fare un esempio molto semplice: con il mio impianto fotovoltaico immetto energia in rete, vengo retribuito con circa 5 centesimi al KWh, mentre quando di notte devo acquistarla la pago circa 50 centesimi. Sull’energia rinnovabile il venditore fa extra-profitti enormi, senza alcun controllo.
E questo vale non solo per il fotovoltaico, ma anche per il carbone, che non ha avuto aumenti degni di nota.
Certo, il problema che si pone con meccanismi come la cosiddetta ‘Robin Hood Tax’ è la difficoltà di calcolare l’extra-profitto e di capire chi lo fa. “Certamente non solo i produttori ma, per esempio, anche qualunque trader che compra energia con un accordo di lungo termine a un prezzo fisso e la vende a prezzo spot. E anche
alcune centrali a fonte rinnovabile possono o meno avere degli extra-profitti, a seconda però del tipo di incentivo di cui beneficiano, di come stabiliscono i prezzi di vendita e di come si approvvigionano dell’energia”.
La guerra
Pur dipendendo quasi completamente dal rifornimento di gas russo, chi ci governava ha deciso di imporre sanzioni pesanti al nostro fornitore di gas.
Ma veramente il governo pensava che, dopo aver congelato i beni della Banca centrale russa, espropriato i patrimoni degli oligarchi e soprattutto mandato le armi all’ucraina, e comminato altre pesanti sanzioni, le forniture di gas sarebbero continuate ad affluire regolarmente? Peccato che le cose siano andate diversamente: Gazprom ha ridotto del 40% le esportazioni, i prezzi sono schizzati, paghiamo in rubli e abbiamo il prezzo dell’energia al massimo storico. La reazione è stata, da ultimo, vietare alle utilities di modificare unilateralmente i contratti per tener conto dei nuovi prezzi (ovviamente se previsto dai contratti stessi), bloccando così il trasferimento di prezzo per alcune categorie di clienti e non per altre, ma soprattutto mettendo venditori e distributori di energia e gas in una pericolosa situazione di fragilità finanziaria (anche Arera ha segnalato il pericolo).
Soluzioni possibili
La prima che viene in mente é: blocchiamo il mercato finanziario di Amsterdam per eccesso di rialzo quando i prezzi salgono oltre un certo limite. Lo si fa tuttora nelle Borse di tutto il mondo.
In questo caso, perché non si è fatto e non si fa? Ci sono in ballo interessi enormi, primo quelli dell’Olanda che da questa situazione trae profitti cui difficilmente vuole rinunciare, così la Germania non ha avuto il coraggio di mettersi contro l’Olanda seguita dagli altri stati europei, ma nessuno ha il coraggio di fare un’azione coraggiosa e la situazione si cronicizza.
Un’altra azione potrebbe essere la nazionalizzazione delle grandi compagnie importatrici di gas ed energia, come ENI ed ENEL in Italia, visto che lo Stato detiene il 30% delle quote ENI. Questo è possibile, come provato da quanto sta facendo la Germania con la nazionalizzazione della
Uniper, colosso energetico e principale importatore di gas russo.
Anche in Francia il governo, che possedeva già la maggioranza delle azioni di Edf, ne ha dovuto comprare una quota residuale.
La terza azione può essere quella di disaccoppiare il mercato dell’energia elettrica da quello del gas di Amsterdam, il TTF, ma forse anche qui cadiamo nella situazione del punto uno.
Quarta azione: andrebbero incentivate le rinnovabili, velocizzando le procedure di autorizzazione, semplificando drasticamente la burocrazia, dando a tutti i produttori piccoli e grandi la possibilità di ampliare gli impianti di produzione, togliendo vincoli ed adempimenti burocratici, attivando contemporaneamente la vendita di energia da rinnovabili a prezzi calmierati.
Quinta azione: gli stati europei facciano gruppo di acquisto comune (un GAS, scusate l’ironia) per avere prezzi contenuti e contrattabili, invece di agire ognuno separatamente per i propri interessi nazionali.
Cosa dice la teoria economica PROUT al riguardo
Per la teoria economica Prout la soluzione ottimale si ha quando una certa zona economica, come ad esempio l’Italia, diventa il più possibile autosufficiente nella produzione delle necessità primarie, nell’energia, nell’utilizzo delle materie prime locali e della mano d’opera locale.
Ed ancora quando le aziende che forniscono energia e materie prime lavorano sotto controllo dello stato con il principio di niente profitto, niente perdite, fornendo così materie prime ed energia a prezzi minimi e controllati.
Ma la radice fondamentale proposta da Prout é fondare la vita umana sulla spiritualità e sui valori morali, con il rispetto per tutti, animali e piante compresi e per il mondo inanimato e l’ambiente. Solo così potrà essere contrastata la spinta materialista ed egoistica che oggi sta precipitando l’umanità in un pozzo di problemi di cui difficilmente si individuano soluzioni legate al sistema stesso.
Procedendo per questa strada il disastro sarà inevitabile, come molti economisti prevedono. Il nostro compito sarà proporre soluzioni e spingere perché vengano adottate, se non per evitare, almeno per mitigare un futuro doloroso.
Una volta P.R. Sarkar, fondatore della teoria socio-economica Prout disse: “La distruzione è inevitabile. Ma continuerò la battaglia contro la distruzione attraverso la lotta”.
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