Il Mediterraneo, nuovo centro delle trasformazioni mondiali
Il Mediterraneo potrebbe presto diventare la regione dove si evolveranno le principali trasformazioni geo-politiche e socio-economiche, con impatti anche sulle altre zone del pianeta. È un’area su cui si affacciano tre continenti, andando dal sud Europa, al nord Africa, alla penisola Arabica.
Nello scenario bellico attuale, è difficile prevedere se, come e quando possa avvenire un allargamento diretto o un trasferimento indiretto nel Mediterraneo del conflitto in corso russo-ucraino e israeliano-palestinese. Gli interessi che si affacciano sul Mediterraneo, da parte sia degli attori regionali che delle potenze internazionali, potrebbero amplificare le opportunità di penetrazione sia degli establishment russi, che mediorientali. Da tempo assistiamo, ad esempio, a Paesi come Cina e India che guardano con molto interesse e investono nel Mediterraneo.
Il Mediterraneo rimane una regione strategicamente annessa a varie organizzazioni internazionali come UE, Nato, ONU, Brics con obiettivi spesso contrapposti e al contempo complessa, in cui confluiscono svariati interessi internazionali e conflitti geo-politici regionali.
Nell’immediato sarà possibile che i conflitti in queste due aree del mondo possano avere un impatto indiretto sulla regione del Mediterraneo, come ad esempio attraverso il rimpallo di responsabilità tra UE e Italia nella gestione dei flussi migratori in particolare provenienti dal nord Africa, la competizione corporativa per l’approvvigionamento delle risorse energetiche strategiche, il rafforzamento dei sistemi di difesa di deterrenza a lunga distanza con la proliferazione bellica, la rivalità economica e politica tra gli Stati regionali mediterranei.
Le regioni geografiche nel Mediterraneo che potrebbero in futuro essere soggette a tensioni e conflitti e dare origine a instabilità complessiva dell’area, includono:
* – La regione orientale (Israele, Palestina, Libano, Siria): tale contesto geografico è soggetto da lungo tempo a continui conflitti di varia natura. Inoltre, l’escalation in corso della repressione israeliana in Palestina in risposta all’aggressione terroristica di Hamas, sta fomentando una ripresa del fondamentalismo islamico che potrebbe riportare instabilità e conflitti nella regione.
* – La regione del Nord Africa (Tunisia, Algeria, Libia, Egitto): il processo migratorio in atto che ha visto anche l’interessamento dell’Italia e dell’UE per intavolare relazioni di cooperazione con i Paesi del Nord Africa per il controllo dei flussi migratori in uscita, sembra più favorire le dinamiche di nazionalismo locali in tali Paesi, in risposta all’eredità post-coloniale che l’occidente non si è lasciata alle spalle, ma sembra non essere stata dimenticata dai politici locali. Inoltre, con l’appoggio di Tunisia e Algeria al Brics, si stanno aprendo le porte al Mediterraneo da parte di altri attori internazionali. Per ultimo, l’Algeria ha allargato la propria fascia ZEE fino ai confini marittimi della Sardegna.
* – La regione del Mar Egeo (Turchia, Grecia, Cipro): esistono dispute territoriali sullo status di alcune isole e sullo sfruttamento delle risorse naturali nel Mar Egeo, che potrebbero portare ad un aggravamento di tensioni e conflitti tra tali Paesi.
* – La regione a nord tra Mar Adriatico e Adriatico orientale: in passato si sono innescate tensioni tra Albania, Slovenia e Croazia in relazione al controllo delle zone di pesca, ai confini marittimi e per l’utilizzo dei porti. Questi problemi potrebbero degenerare e innescare futuri ed ulteriori conflitti.
* – Le inondazioni avvenute in Libia, il terremoto in Marocco e il processo di surriscaldamento e cambiamento climatico in tutta l’Africa, con l’aumento della desertificazione, gli spostamenti in massa delle popolazioni verso le aree costiere sia per autosussistenza, che per emigrare.
* Lo sfruttamento delle risorse energetiche: la competizione per le risorse nel Mediterraneo, come gas e petrolio, potrebbe generare tensioni tra paesi produttori e quelli che rivendicano diritti contrattuali sulle piattaforme produttive.
Questi sono solo alcuni dei punti critici, ma la situazione politica, economica e sociale in tutta la vasta area del Mediterraneo potrebbe evolversi in nuove instabilità e conflitti ancora più deleteri.
Sarebbe importante che tutti i Paesi mediterranei cooperino fra loro, in modo autonomo rispetto agli interessi predominanti americani e delle altre grandi potenze internazionali, per affrontare queste sfide, promuovere il dialogo e la diplomazia e per prevenire futuri conflitti bellici.
E urgente, anche nei confronti della crisi climatica, che i Paesi del Mediterraneo proseguano seriamente ad incentivare l’abbandono delle fonti energetiche fossili, a favore di quelle rinnovabili, in questo modo uscendo dal giogo degli interessi petroliferi.
È fondamentale che la comunità internazionale lavori da subito per prevenire l’aggravarsi dei conflitti e promuovere invece il dialogo, la diplomazia e la soluzione pacifica delle controversie, politicizzandole. Una cooperazione regionale e internazionale efficace può contribuire a mantenere la pace e la stabilità nel Mediterraneo, limitando le conseguenze dei conflitti in altre parti del mondo. È essenziale monitorare attentamente la situazione e cercare di prevenire l’escalation degli attuali conflitti, in particolare israeliano-palestinese e russo-ucraino, in modo che il Mediterraneo rimanga un’area di pace, tolleranza e convivenza pacifica, un laboratorio di cooperazione anche sul versante delle politiche economiche di decentramento ed autosufficienza nell’approvvigionamento delle risorse locali.
L’Italia deve ritornare a svolgere un ruolo importante sia per il controllo delle sue acque mediterranee, nonché potenziare l’influenza e la grandezza commerciale dei propri porti, attraendo qui le merci circolanti per mare, aumentare il numero delle sue unità navali.
Il Mar Mediterraneo presenta quattro Stretti importantissimi per la vivibilità e la pace in quest’area: Suez, Gibilterra, Dardanelli e Sicilia.
Il controllo egiziano del canale di Suez permette lo sbocco diretto verso l’Oceano indiano. Il controllo dello stretto di Gibilterra da parte del governo britannico permette la gestione de flusso in ingresso e uscita tra Oceano Atlantico e Mar Mediterraneo. Lo stretto di Dardanelli, sotto controllo turco, svolge un ruolo primario da un punto di vista politico e militare in quanto regolamenta il flusso di navi militari dal Mar Mediterraneo verso il Mar Nero.
Infine, lo stretto di Sicilia, che separa in due il Mar Mediterraneo, riveste un ruolo di fondamentale importanza per quattro ragioni: passaggio di connessioni internet ed energetiche verso l’Europa, passaggi di materie prime fondamentali per l’Italia, da un punto di vista strategico-militare, infine poiché da poco è anche stato scoperto un nuovo giacimento di gas.
Negli ultimi tre anni è avvenuta anche la spartizione di una parte del territorio libico tra Turchia e Russia, che qui hanno rafforzato le proprie basi militari. In questo modo, lo stretto di Sicilia oggi è si affaccia dinanzi a nuovi interessi navali russi e turchi che non coincidono con quelli italiani.
Non è l’idea attrattiva di finanziamenti esteri di fare diventare tutto il mezzogiorno ZES, il grimaldello che riuscirà a sollevare l’Italia che si affaccia nell’euro-mediterraneo da ultima forza della regione, a nuova leader per la ripresa dello sviluppo nazionale.
L’Italia quale Paese centrale, oltre che geograficamente, nell’assetto geo-politico del Mediterraneo, può e deve svolgere un ruolo chiave che vada ben oltre gli accordi con l‘Albania per esternalizzare il flusso di migranti nord africani.
Tutti i ministri, anziché impegnarsi in polemiche sterili con i sindacati, dovrebbero essere investiti di una delega speciale del Parlamento per cercare di coinvolgere più Stati mediterranei possibili per creare un’enclave di cooperazione su tutti i fronti: democrazia economia, autosufficienza, sviluppo delle risorse locali, lavoro, diritti umani, partecipazione, giustizia sociale, libertà individuali, ambiente e sicurezza, innovazione e tecnologie.
È fondamentale che la comunità internazionale lavori da subito per prevenire l’aggravarsi dei conflitti e promuovere invece il dialogo, la diplomazia e la soluzione pacifica delle controversie, politicizzandole. Una cooperazione regionale e internazionale efficace può contribuire a mantenere la pace e la stabilità nel Mediterraneo, limitando le conseguenze dei conflitti in altre parti del mondo. È essenziale monitorare attentamente la situazione e cercare di prevenire l’escalation degli attuali conflitti, in particolare israeliano-palestinese e russo-ucraino, in modo che il Mediterraneo rimanga un’area di pace, tolleranza e convivenza pacifica, un laboratorio di cooperazione anche sul versante delle politiche economiche di decentramento ed autosufficienza nell’approvvigionamento delle risorse locali.
L’Italia deve ritornare a svolgere un ruolo importante sia per il controllo delle sue acque mediterranee, nonché potenziare l’influenza e la grandezza commerciale dei propri porti, attraendo qui le merci circolanti per mare, aumentare il numero delle sue unità navali.
Il Mar Mediterraneo presenta quattro Stretti importantissimi per la vivibilità e la pace in quest’area: Suez, Gibilterra, Dardanelli e Sicilia.
Il controllo egiziano del canale di Suez permette lo sbocco diretto verso l’Oceano indiano. Il controllo dello stretto di Gibilterra da parte del governo britannico permette la gestione de flusso in ingresso e uscita tra Oceano Atlantico e Mar Mediterraneo. Lo stretto di Dardanelli, sotto controllo turco, svolge un ruolo primario da un punto di vista politico e militare in quanto regolamenta il flusso di navi militari dal Mar Mediterraneo verso il Mar Nero.
Infine, lo stretto di Sicilia, che separa in due il Mar Mediterraneo, riveste un ruolo di fondamentale importanza per quattro ragioni: passaggio di connessioni internet ed energetiche verso l’Europa, passaggi di materie prime fondamentali per l’Italia, da un punto di vista strategico-militare, infine poiché da poco è anche stato scoperto un nuovo giacimento di gas.
Negli ultimi tre anni è avvenuta anche la spartizione di una parte del territorio libico tra Turchia e Russia, che qui hanno rafforzato le proprie basi militari. In questo modo, lo stretto di Sicilia oggi è si affaccia dinanzi a nuovi interessi navali russi e turchi che non coincidono con quelli italiani.
La forza dell’Italia non è solo la locomotiva dell’entroterra veneto-piemontese-lombardo. Tutta la sua storia antica e recente la si deve all’affaccio marittimo sul Mediterraneo, di cui ci siamo offuscati la memoria. L’Europa finanziaria e dei limiti di spesa ci ha fatto dimenticare che siamo una penisola che ha perso il controllo del suo mare. Molti avvenimenti storici che hanno segnato la vita sociale italiana hanno avuto origine proprio nel Mar Mediterraneo.
Non è l’idea attrattiva di finanziamenti esteri di fare diventare tutto il mezzogiorno ZES, il grimaldello che riuscirà a sollevare l’Italia che si affaccia nell’euro-mediterraneo da ultima forza della regione, a nuova leader per la ripresa dello sviluppo nazionale.
L’Italia quale Paese centrale, oltre che geograficamente, nell’assetto geo-politico del Mediterraneo, può e deve svolgere un ruolo chiave che vada ben oltre gli accordi con l‘Albania per esternalizzare il flusso di migranti nord africani. Tutti i ministri, anziché impegnarsi in polemiche sterili con i sindacati, dovrebbero essere investiti di una delega speciale del Parlamento per cercare di coinvolgere più Stati mediterranei possibili per creare un’enclave di cooperazione su tutti i fronti: democrazia, economia, autosufficienza, sviluppo delle risorse locali, lavoro, diritti umani, partecipazione, giustizia sociale, libertà individuali, ambiente e sicurezza, innovazione e tecnologie.
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