Autosufficenza o interdipendenza economica?
di Tarcisio Bonotto 11/2022
La natura ci sta dando dei segnali forti, in questi tempi tumultuosi e di profonde trasformazioni. All’inizio della pandemia mancavano i presidi ospedalieri, abituati come eravamo ad importare tutto dalla Cina.
Abbiamo sofferto e rischiato. Il commissario Arcuri, promise di acquistare dalla Cina 52 macchine per la produzione di mascherine: 300.000 al giorno/cada-una, per diventare autosufficienti. Per i camici e ancora mascherine si sono offerte delle aziende italiane. Bene.
Con l’avvento del conflitto russo-ucraino ci siamo accorti che dipendevamo per il frumento, mais e olio di girasole, quasi completamente dalle forniture ucraine e russe.
La UE, ha chiesto agli stati membri di coltivare 200.000 di terra a frumento e cereali, per diventare autosufficienti. In Italia, in Sardegna, si stanno ripristinando 32.000 ettari di terra, un tempo coltivati a frumento, proprio allo scopo.
Si sta cercando di tirare i remi in barca e produrre localmente il fabbisogno. Bene.
Con la guerra è arrivato anche il problema dell’energia. Ora si sta correndo ai ripari con produzione di gas italiano, oltre che da importazioni da nuove fonti esteredi approvvigionamento. Bene.
Abbiamo imparato qualcosa? Speriamo. Questa situazione viene esemplificata egregiamente da P. R. Sarkar nel suo articolo: “Le cause della depressione economica“: “Più un paese dipende da altri per la fornitura dei beni e servizi essenziali, più questo soffrirà in caso di depressione economica o calamità naturali”.
La Globalizzazione Economica, voluta fortemente da circa 400 multinazionali, gran parte USA, Canadesi ed europee, ha mescolato le carte nelle relazioni internazionali, e diffuso il sistema capitalistico, spesso predatorio, in tutto il globo. Ma ha creato al contempo molta interdipendenza senza prima considerare la necessità di sicurezza di approvvigionamento dei beni essenziali, per ogni singolo paese.
In effetti dal 2001, anno della sua entrata in vigore, i paesi ricchi hanno aumentato la loro quota parte di ricchezza, e molti stati poveri sono stati depredati delle loro materie prime (ad es. il Ghana ed altri produttori di cacao africani, vogliono gestirne la trasformazione in loco, per aumentare l’occupazione e la ricchezza locale. La Nestlè si sta opponendo con tutte le sue forze).
Ci si sta accorgendo che se per conflitti o cause naturali la Francia o la Germania non ci consegneranno più il latte, dovremmo produrne di più localmente, dopo aver eliminato 1.500.000 mucche da latte, a causa delle quote latte. E così per ogni prodotto o servizio.
La parola d’ordine secondo la teoria economica PROUT è: autosufficienza al massimo grado, che garantisce anche massima occupazione. Ciò che non riusciamo a produrre lo importiamo.
E per questo, uno dei principi della economia decentralizzata del Prout, per la massima occupazione è il seguente: “tutti i beni non prodotti localmente dovrebbero essere buttati fuori dal mercato locale”.
“Se non produciamo latte localmente, non importiamolo, produciamolo artificialmente!”
Questo per sottolineare l’importanza della autosufficienza economica rispetto alla dipendenza economica.
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