Capitalismo

Dall’alluvione dei fiumi, all’alluvione delle idee

Dopo la richiesta proclamata ad aprile scorso dalla giunta del Trentino, di soppressione e trasferimento degli orsi, tutta l’Italia è stata catalputata in un altro conflitto con la natura, il tragico straripamento dei principali fiumi romagnoli, che ha lacerato un intero tessuto umano, ambientale ed economico.

Riflessione sul drammatico evento alluvionale, è che il disastro appena avvenuto è solo la punta dell’iceberg sia in Emilia-Romagna, che in molte regioni d’Italia, specialmente meridionali, a causa di tanti fattori, tra cui primeggia un oramai incontrollato processo di consumo di suolo in Italia (calcolato da ISPRA a 2 mq al secondo), urbanizzazione estrema, mancata prevenzione e manutenzione idrogeologica, che ci ha fatto smarrire quel ritmo di convivenza con la natura esistito per secoli.

La società italiana è stata pervasa da un processo di “divinazione del profitto” immediato per l’arricchimento, rispetto invece ad un modello di sviluppo rispettoso delle persone e dell’ambiente. Così come si vede nelle montagne solo un ammasso di terra, rocce e alberi e niente più, con un’espansione della cementificazione, nei fiumi ormai si vede solamente una zavorra d’acqua che ci trasciniamo al piede, che appesantisce e rallenta le operazioni immobiliari a 10 zeri e di cementificazione neoliberista e aggressiva su zone sensibili.

Ma questa apparente contraddizione del capitalismo, qui rappresentata da siccità e alluvione, cementificazione e casse di espansione, come ricordato da Karl Liebknecht, fondatore del movimento operaio tedesco, non è altro che una delle conseguenze della legge fondamentale del capitalismo che è “tu o io”, non “tu e io”. Impoveriamo i fiumi con i pesci, con l’acqua che ci occorre per irrigare e alimentare le industrie, per scaricare i reflui. E’ questo il ritmo che abbiamo sviluppato con i fiumi? Se potessimo farne a meno, dei fiumi e laghi, li avremmo già tutti tombati.

A Genova, prima dell’ultima alluvione, fu costruito un ponte ferroviario sul Bisagno, riducendone di metà la portata massima. Poi, non soddisfatti, si è tappato uno dei suoi torrenti affluenti dentro un canale chiuso, per fare sopra spazio ad un parcheggio.

Adesso, il 17 maggio in Emilia Romagna non sono venuti giù solamente gli argini di 23 fiumi romagnoli, è caduto giù non solo semplicemente il modello emiliano-romagnolo, ma è crollato un modello di sviluppo più vasto e sbagliato, che si è basato sulla massimizzazione dei profitti a discapito delle “generazioni future”.

Abbiamo costruito ai lati dei fiumi non argini, ma pareti di egoismo verso le generazioni avvenire. Se stiamo costruendo e cementificando tutto noi oggi, dalle città, alle strade, nuovi condomini, capannoni, le generazioni che nasceranno domani cosa faranno?

A Faenza, ad esempio, c’è il caso del condominio chiamato “casa sul fiume”, chiamato cosi proprio perché costruito letteralmente nell’alveo della piena del fiume Lamone, uno dei 23 fiumi esondati nei giorni scorsi.

Andiamo dai conservatori che vedono nella natura una matrigna che si abbatte sulla vita delle persone innocenti e che riducono a zero dei cambiamenti climatici, ai progressisti che vedono nella mano dell’uomo la causa principale della devastazione naturale. La storia contemporanea degli esseri umani sta diventando sempre più la storia del conflitto tra natura e società, sotto forma di cambiamenti climatici, modifica dei deflussi delle acque fluviali, inquinamenti, perdita di biodiversità.

Secondo Sarkar le civiltà sono sorte e sviluppate proprio lungo i bacini fluviali ed è in tali zone che sono nati scambi ed arricchimenti linguistici tra popolazioni.

Oggi in Emilia Romagna, in un rapido susseguirsi di siccità che ha seccato i terreni, fino alle intense e ripetute piogge, i campi non sono stati più capaci di assorbire e di conseguenza allargandosi, mentre le città sono diventate vittime di questo squilibrio e la gente sta ancora spalando il fango dalle proprie case e aziende.

Stiamo vivendo una fase storica in cui oltre all’alluvione fluviale, assistiamo anche ad un’alluvione di dogmi e idee vecchie e stantie, un diluvio di conflitti, che ha portato alla confusione e alla perdita di significato dell’importanza di conservare oltre al ritmo con la natura del pianeta, anche il ritmo con il cosmo attorno al pianeta. Sono le alluvioni invisibili del capitalismo, che lasciano segni indelebili nelle vite delle persone sfruttate, lavoratori/trici, donne e uomini.

Massimo Capriuolo

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