Europa

Quote Latte e multe agli allevatori

Un Breve escursus della storia delle quote latte e delle multe correlate

di Tarcisio Bonotto

 

Un po’ di storia

Nel 1983-84 viene definitivamente approvata la legislazione europea riguardante il controllo centralizzato UE delle produzioni di latte, e la suddivisione delle quote di produzione per ciascun paese firmatario:

Non si è mai capito perché Germania e Francia avessero Quote di oltre 25 milioni di ton/anno, avendo più o meno la stessa popolazione dell’Italia.

La stima fu fatta dall’allora ministro dell’agricoltura Giovanni Prandini, che confermò per l’Italia una produzione di circa 8,7 milioni di tonnellate di latte. Non ci fu alcun censimento né delle mucche da latte né della produzione di latte in Italia, per arrivare a tale cifra. Tale quantità non risultava frutto di una accurata indagine.

In condizioni socio-economiche non omogenee dei paesi aderenti, la UE introdusse una pianificazione della produzione TOP-DOWN, che causerà dei disastri immani al tessuto produttivo in particolare all’Italia.

La UE stabilì che a gestire le Quote Latte in ciascun Paese membro fosse un unico ente. Ecco che i tre maggiori sindacati Coldiretti, ConfAgricoltura e CIA formano l’UNALAT, e per il primo anno viene loro assegnato un bonus di 70 milioni di vecchie lire per il censimento. UNALAT si avvarrà, invece di censire sul campo le produzioni, delle banche dati delle Camere di Commercio, non aggiornate, per ottenere il numero di capi da latte e le quantità prodotte.

L’impatto dell’applicazione sommaria da parte delle Regioni dei quantitativi di produzione stabilito da UNALAT, per ciascun allevatore, fu immediato. Molti produttori dovettero diminuire l’usuale quantità di latte prodotto prima dell’introduzione delle Quote Latte, e questo era un chiaro segnale che le quantità stabilite dal Ministro non corrispondessero al vero.

Molti allevatori avevano contratto dei mutui per le nuove stalle e quando arrivarono i tagli alla produzione, molti di questi dovettero vendere le mucche, chiudere l’attività, perché la quantità prodotta, secondo la Quota assegnata, non era in grado di pagare i debiti e mantenere l’azienda. Vi furono diversi suicidi tra gli allevatori.

Furono dati incentivi per uccidere mucche da latte in modo tale da diminuire le produzioni. Sembra che in Italia ne siano state macellate circa 1.500.000.

Da subito chi produceva oltre Quota, doveva pagare una multa alla UE, per ogni litro di latte in più, pari al prezzo di vendita del latte alla latteria.

Alle proteste sorte in tutt’Italia, lo stesso Ministro, perplesso del sistema Quote Latte, ebbe a dire alla piazza degli allevatori scontenti: “Troveremo il modo di non pagare le multe!” Incitare a non pagare le multe non è onesto, ma non è neppure onesto non fare i calcoli adeguati e assicurarsi una maggiore quota produttiva.

 

Veniamo all’oggi

Le quote latte sono state eliminate, dalla UE, nel 2015 ma le multe ad esse collegate continuano ancor oggi ad essere erogate da AGEA, tramite l’Agenzia delle Entrate.

Molti allevatori hanno ricevuto, negli ultimi 3 anni, multe di calibro impensabile dai comuni cittadini: 1.834.000 pagabili in 5 giorni, 2.500.000, e chi 6.000.000 di euro, sono solo alcune recapitate ai produttori di latte della zona di Zevio, piccolo paese della provincia di Verona. Ma il fenomeno è presente in tutte le provincie italiane.

Indagine ISTAT

L’indagine ISTAT del 1983, che attestava una produzione di 8-9 milioni di t. di latte, al di sotto limite fissato, era corretta.

In sintesi, ci pare di poter dire che, almeno fino al 1988-89, la quota latte assegnata all’Italia corrispondeva pressoché alla produzione di latte effettiva; dopo il 1989 la vicenda si complica, negli anni Novanta la situazione precipita ed è proprio negli ultimi cinque anni che la vicenda delle quote latte in Italia diventa del tutto incontrollabile.

È il febbraio del 1992 quando l’Unalat fornisce i dati sulla produzione di latte, i quali però si riferiscono solo ai primi sei mesi della campagna 1991-92.

Grande è la sorpresa quando si scopre, sulla base di quei dati, che la produzione annuale si aggirerebbe attorno agli 11 milioni e 100.000 tonnellate, sforando clamorosamente la quota nazionale, per oltre 2 milioni di tonnellate e per circa 1 miliardo di lire di prelievo da versare al Feoga.

Viene confermato il sospetto di colpe gravi nei conteggi da parte di UNALAT, dopo la Commissione DELORS, di circa 24.000 aziende cessate ma ancora detentrici di quote latte per oltre 1 milione di tonnellate”. (Renata Lizzi1 – Licenza di Mungere, pag. 356-361-362)

Il problema è controverso e si protrae ormai da oltre 25 anni: da una parte il calcolo delle quote per ciascun produttore non è mai stato realizzato se non in via provvisoria.

Rapporto Commissione di Indagine

Nella Commissione di Indagine del 20 marzo 2003, istituita con decreto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, n. 30803, si dava atto dell’esistenza del fenomeno della “non corretta contabilizzazione” della produzione di latte, essendo state “verificate ed appurate condotte irregolari da parte di determinati soggetti della filiera—ben individuati e individuabili—tese a conseguire illegittimi vantaggi economici sia diretti (elusione delle sanzioni connesse all’esubero…), sia indiretti, in termini di evasione fiscale.

L’allora Comandante del Gruppo dei Carabinieri Antifrode del Ministero delle Politiche Agricole, Colonnello Giuseppe Messina, rilevava che:

1. “i quantitativi di riferimento individuali (QRI) non erano stati assegnati in maniera legittima e ancora oggi non è detto che sia legale lo stato di possesso e di concessione del QRI”

2. “le operazioni fraudolente e truffaldine sulle consegne di latte agli acquirenti, fossero diventate perciò una problematica complessa… In breve gli acquirenti disponevano di QRI quote di carta o per averle avute da amministratori regionali … compiacenti o dall’autorità statale collusa”

 

Intercettazioni (Azioni quasi criminali)

Per completezza si riportano alcune frasi di una intercettazione tra uno dei Carabinieri e l’allora Capo di Gabinetto del Ministero delle Politiche Agricole Giuseppe D’Ambrosio, annotazione presente nel fascicolo presso la Procura della Repubblica di Roma: “Il Capo di Gabinetto candidamente afferma: “Parto pure dall’assunto che hanno detto tutte cazzate, Catania, AGEA, Gulinelli (Direttore di AGEA e del SIN, Commissario Quote Latte…). Quello che avete detto voi è corretto, ma politicamente bisogna comunque dire: Vabbè è un documento di studio, perché altrimenti dobbiamo restituire i 5 anni di quote che ci hanno dato…” e ancora “… qualcosa di anomalo c’è ed ha ragione lei… ci sono delle possibilità che il Comando riveda senza rimangiarsi tutto e risistemi le cose in maniera tale che ci sia una soluzione politica… “ e ancora “il lavoro dell’Arma è fatto bene però politicamente ci fa cadere tutto il castello…

La Commissione inoltre riscontrò che delle 61.043 aziende dichiaranti produrre latte vaccino alimentare, solo 40.227 erano autorizzate alla produzione di latte alimentare.

Inoltre “raffrontando il numero di capi nelle diverse banche dati (Teramo e AGEA n.d.r), con la media produttiva provinciale AIA, pur aumentata del 10% in via prudenziale, risulta una differenza produttiva media, rispetto alla produzione totale italiana dichiarata in L1, talmente significativa da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello Stato italiano e quindi il prelievo supplementare (multe) imputato ai produttori a partire dal 1996-98 fino al 2008-2009”. (10 anni di multe non dovute!)

Sentenza della Corte di Giustizia Europea

In secondo luogo vi è la sentenza della Corte di Giustizia Europea, del 27 giugno del 2019, che attesta in modo inappellabile, come l’Italia, nell’applicazione del regime QUOTE LATTE, non abbia rispettato le normative europee, e intima l’Italia al loro riconteggio. Altre sentenze analoghe del 11 settembre 2019, e 13 gennaio 2022. Di conseguenza a tali sentenze l’applicazione delle Multe Quote Latte risulterebbe illegittima.

Ordinanza del GIP, Paola di Nicola

In terzo luogo l’Ordinanza del GIP, Paola di Nicola, Tribunale di Roma, in data 5 giugno 2019, ha potuto rilevare che: “Come sopra descritto in premessa, l’unica certezza a cui si è giunti nel presente procedimento penale, … è che i dati sui capi che producono latte, è falso e che i numeri forniti da AGEA e dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo, sono del tutto inattendibili, tanto da conseguirne la non verosimiglianza di quelli concernenti il latte prodotto. D’altra parte è una questione di mera logica che se è errata la cifra degli animali da cui si ricava il latte, non può che essere errato il quantitativo del latte stesso”. (Pag 7 ordinanza).

Vengono quantificati i contributi dell’UE, illecitamente erogati a società, enti, allevamenti, produttori inesistenti o artificiosamente costituiti, per quasi 6 milioni di capi improduttivi, inseriti nel patrimonio bovino produttivo nazionale, … in circa 1.152.764. (Pag. 28).

 

I conteggi errati di UNALAT prima e AGEA poi, dal 1984 ad oggi, sono costati all’Italia multe per 4.4 miliardi di euro.

Qual è la ragione di questa peculiarità italiana? Dal 1984 al 1992, come ha notato la Corte dei Conti, il problema principale è stato la sostanziale disapplicazione della regolamentazione comunitaria: si è trattato di “un mancato adeguamento alla normativa comunitaria (Stefano Castriota2, “Quote latte: un pasticcio nostrano”, La Voce Info).

Il numero effettivo dei capi da latte, in Italia, si attesta oggi intorno a 1.250.000. Con questo numero è impossibile che l’Italia abbia superato i limiti delle quote latte imposto dalla UE, anzi si è riscontrata una sottoproduzione del 20-30%.

Sulla base della sentenza della Corte Europea, del GIP Paola Di Nicola et altre sentenze risulta chiaro come il calcolo delle MULTE QUOTE LATTE, da parte di AGEA, sia stato aleatorio, mentre il danno subito dall’intero settore di allevamento e produzione italiano sia stato pesante. Si può configurare un crimine contro la società, poiché da una parte vi sono stati diversi suicidi conseguenti all’applicazione errata delle quote latte e delle multe conseguenti, secondo perché il settore si sta disintegrando con la chiusura in tutte le provincie di stalle da latte, aumento della disoccupazione e conflittualità sociale.

Conseguenze sociali delle indebite multe

L’improvvida se non criminale ed errata gestione delle quote latte in Italia, ha generato drammi sociali tra la maggior parte degli allevatori: famiglie distrutte, disintegrazione dell’azienda di famiglia, suicidi di allevatori (4 solo nella zona del veronese), situazioni di vita indicibili degli allevatori con la spada di Damocle del carico debitorio costantemente sulla testa, senza parlare del ricorso ad avvocati e tribunali.

E’ necessario mettere un punto fermo definitivo sulla vicenda che sta demolendo il settore primario, di vitale importanza per l’intera società italiana.

 

Conclusioni

Secondo la politica economica PROUTISTA, le Zone Socio-Economiche, che dovrebbero essere realizzate e istituite in Europa, dovrebbero essere AUTOSUFFICIENTI. Non dovrebbero essere applicate, per nessun motivo, quote produttive in quanto il PROUT prevede una pianificazione delle produzioni in funzione dei consumi locali. Se vi sono surplus produttivi ogni ZSE dovrà o rivedere le proprie produzioni o trasformare i prodotti in funzione della domanda.

Non si può applicare la regola del “Vantaggio Comparato di David Ricardo” e sostenuto come caposaldo dal WTO, perché tale regola di interscambio internazionale non ha funzionato come direttiva generale. Quindi la UE non ha fatto un buon servizio alle economie dei paesi membri istituendo le Quote per cereali, Olio, Latte, etc.

 

1. Renata Lizzi, Professoressa associata confermata, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università di Bologna.

2. Stefano Castriota, Professore di Economia all’Università di Pisa. Ha conseguito un Ph.D. all’Università di Roma Tor Vergata, un M.Phil. alla Stockholm School of Economics, un M.Sc. all’Università Luigi Bocconi ed una Laurea all’Università di Roma La Sapienza.

 

 

Tarcisio Bonotto

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