Ci sono fondate certezze che nel giro di pochi anni la globalizzazione economica avrà una fine, sicuramente un forte ridimensionamento. Certamente la guerra in Ucraina è quell’evento storico che rappresenta lo spartiacque tra quello che era la condivisione del mercato globale prima e la grande trasformazione degli scenari economici odierni. Sono anni che la Russia dice all’Europa Comunitaria che non gradisce il suo espansionismo commerciale verso est. La UE continuava ad ignorare il fatto invitando Ucraina, Moldavia, Georgia ad annettersi. La Russia, allora ha tirato fuori i carri armati; prima ha occupato la Crimea e poi, visto che tutti continuavano ad ignorarla, ha invaso l’Ucraina avvertendo gli altri Stati vicini: “Attenzione a come vi muovete perché i prossimi potreste essere voi!”. Dietro, ad attendere che la situazione degenerasse, ignorando qualsiasi azione pacificatoria, erano pronti gli Stati Uniti che con la scusa della NATO hanno usato il solito travestimento da Gendarme Mondiale, organizzando la “resistenza” contro l’invasore. Gli USA prendono con una fava tre piccioni:
1. Controlla l’espansionismo economico Russo.
2. Sbarra la strada alla Cina che si stava costruendo una delle vie della seta strategiche per rafforzare i suoi rapporti commerciali a nord e ad est Europa.
3. Costringe la UE a mantenere stretti rapporti economici oltre oceano e a non espandersi verso la Cina o la Russia.
Gli USA non sono più i soli a voler governare la globalizzazione, ha la concorrenza aggressiva di Cina e Russia, ai quali se gli dici di NO tirano fuori le armi. Questa escalation si è velocizzata dopo lo scoppio della guerra in Ucraina facendo iniziare una battaglia diplomatica tra i grandi blocchi dove minacce e accuse hanno sostituito gli accordi commerciali. Sul tavolo non ci sono più scarpe, t-shirt, cellulari, PC o TV ma carri armati, mortai e droni. Tutto ciò non sembra avere durata breve. I trattati del WTO sono diventati carta straccia ed assistiamo ad una guerra commerciale senza regole dove la conquista dei mercati si fa anche con i cannoni.
USA/CINA: GUERRA ALL’ULTIMO MICROCHIP
Un altro fatto, che certamente sostiene questa tesi, è la guerra dei microchip di ultima generazione scatenatasi tra la Cina e gli USA.
L’industria mondiale dei semiconduttori fa girare la produzione ed il commercio di auto, telefonini, PC, TV, tutti gli elettrodomestici di ultima generazione, sistemi di controllo del traffico e della mobilità su scala planetaria, reti internet e sistemi di difesa. Tutta la nostra “vita” dipende da questa sofisticata tecnologia raccolta in “wafers” di pochi centimetri se non millimetri. Gli Stati Uniti, assieme a Taiwan, ne detengono i segreti di realizzazione. Fanno parte di questa filiera esclusiva anche Giappone, Corea del Sud, e, per l’Europa, l’Olanda che produce sofisticatissimi macchinari per realizzare questi microchip. Chi vuole utilizzare queste tecnologie si deve rivolgere agli “americani” che ne detengono i brevetti; per acquistare il prodotto ai taiwanesi. Ora gli USA hanno deciso di spostare la produzione di queste tecnologie sul suolo nazionale creando delle industrie proprie sovvenzionate dallo Stato. L’obiettivo è duplice: rafforzare la loro supremazia in questo settore strategico e bloccare l’espansionismo commerciale e produttivo cinese in tutti quei settori dove questi semiconduttori vengono utilizzati.
Dall’inizio della guerra in Ucraina è vietato vendere questi microchip alla Russia perché queste tecnologie possono essere usate per rendere più efficaci fucili, carri armati e quant’altro necessario all’industria bellica. E’ con questa sofisticata tecnologia che il piccolo esercito ucraino riesce a tenere testa alla grande potenza militare russa.
Un altro evento che conferma l’intensificarsi di questa guerra tecnologica è il braccio di ferro tra la nota multinazionale dei cellulari Huawei e gli USA. Nel 2018 viene arrestata in Canada la figlia del fondatore di Huawei, Meng Wanzhou accusata di aver violato l’embargo commerciale imposto dagli Stati Uniti all’Iran, vendendo prodotti per le telecomunicazioni che utilizzano brevetti su licenza statunitensi. Poi l’accusa di spionaggio fatta al colosso Cinese che nel 2019, è stato il principale produttore mondiale di smartphone con 122 miliardi di ricavi. Infine l’embargo al big tech cinese a cui viene vietato l’utilizzo di licenze di tecnologie Made in USA. A tal proposito è noto il racconto di un dirigente di una di queste aziende produttrici di microchip di Taiwan. Subito dopo l’annuncio dell’embargo la Huawei si presentò in Taiwan con 3, 4 aerei cargo da riempire di semiconduttori per portarli in patria. Questo per dire quanto l’industria manifatturiera cinese dipenda da queste tecnologie. A inizio anno il Presidente Biden ha inasprito questo embargo; la Cina ha protestato denunciando il non rispetto degli accordi WTO; USA ha risposto mandando la speaker del Congresso Nancy Pelosi in visita diplomatica a Taiwan; la Cina ha ribattuto che l’isola è una sua provincia e se qualcuno la pensa in modo contrario sono pronti all’invasione.
Con il Trattato del WTO che nessuno rispetta, con lo stallo dell’ONU che non ha poteri per intervenire in caso di conflitti armati, se qualcuno pensa che il progetto della Globalizzazione economica possa ancora stare in piedi, spieghi in che modo!
I conflitti si allagheranno, in Oriente, in Africa, in sud America perché le grandi potenze, inneggiando al progresso sia in Patria che nel Mondo, continueranno a concorrere per la conquista dei mercati.
IL FUTURO DELL’UNIONE
Alla luce di questi nuovi scenari è da chiedersi quale sarà nel prossimo futuro il ruolo dell’Unione Europea di cui siamo parte integrante. È conveniente e per chi mantenere questo stato di emergenza permanente che mina la stabilità socio economica dei Paesi aderenti? Avere la guerra alle porte tra potenze che si contendono il mercato Europeo è cio che i cittadini dell’Unione desiderano? Eppure la logica, la coerenza con i valori fondanti dell’Unione dovrebbero suggerire alle leadership Europee un ripensamento delle politiche economiche puntando a rivitalizzare il mercato interno che soffre l’inflazione e la perdita di potere d’acquisto di grandi fasce di popolazione. La UE deve richiedere a tutti gli Stati Sovrani l’autosufficienza economica, questa dovrebbe essere la via da percorrere. Partendo dall’autosufficienza energetica, alimentare e delle necessità primarie. Lo scambio commerciale, la cooperazione coordinata e solidale tra i vari Paesi aderenti permetteranno un rapido sviluppo progressivo mantenendo i capitali provenienti dalle attività produttive e commerciali nel continente. L’aumento della produzione in Europa, favorirà una veloce redistribuzione della ricchezza, aumento dell’occupazione e dei salari. Limitare le relazioni commerciali fuori dall’Europa con tutti quei Paesi che non garantiscono diritti per i lavoratori anche attraverso un controllo integrato che certifichi queste libertà è un passaggio obbligato che non si può più evitare. L’Europa deve scegliere tra gli interessi delle multinazionali e quelli del Popolo Sovrano, ne vale il suo futuro politico ed economico. Un’Europa incatenata agli obsoleti principi della globalizzazione economica non serve a nessuno, anzi potrebbe rimettere pericolosamente in discussione la sua unità. È curioso, sfogliando le pagine web dei siti istituzionali dell’Unione Europea, vedere la diversità di linguaggio delle pagine dedicate all’economia e ai singoli Paesi dove parole e concetti come: competizione sui mercati globali, concorrenza e privato si contrappongono ai concetti espressi nelle pagine dedicate ai giovani dove prevalgono parole come: cooperazione, collaborazioni tra i giovani dell’unione, interscambi, comunità. Insomma un altro mondo o meglio due visioni diametralmente opposte espresse dalla stessa persona. E’ un atteggiamento schizofrenico che interpreta le difficoltà attuali, oppure un’ammissione che il futuro dell’Europa sarà ben diverso dalla realtà odierna? L’Europa è ad un bivio e la democrazia non deve essere una copertura di facciata. È necessario istituire in Europa dei percorsi di Democrazia Economica, una visione sociale che le giovani generazioni europee stanno scoprendo e che vorranno realizzare.
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