Quando un familiare o un amico a cui si vuol bene ha comportamenti incomprensibili e si vorrebbe capirne il perchè c’è solo un modo per raggiungerlo, per capirlo: pensare a lui/lei e cercare di immedesimarci in quella persona per comprenderne le motivazioni se non addirittura il suo essere, e ciò è possibile solo con l’amore.
Immedesimarsi in un nemico con cui si è in lite è sicuramente più difficile ma non c’è, in realtà, altra strada che una sorta di amore per capire i suoi comportamenti. Studiare la sua storia, la sua cultura, non banalizzare i suoi difetti, non condannarlo a priori senza prima aver cercato quali possano essere le sue ragioni e i punti per un eventuale dialogo. E’ una strada sicuramente difficile e probabilmente a prima vista contro-intuitiva, ma è l’unica se si vuol arrivare ad un dialogo ed all’appianamento della lite.
In caso di guerra è lo stesso, se non si riesce a parlare una lingua comune con il nemico, con l’avversario, non ci sarà verso di giungere ad un accordo di pace se non quello di annientare la sua forza e la sua capacità di resistenza e ciò non è, in primo luogo, garantito che si possa ottenere, e in secondo luogo, contempla sicuramente dare ma anche subire infinite sofferenze e distruzioni.
Questo non vuol dire rinunciare alla lotta; se a livello personale si può decidere di soprassedere ad un’offesa od ad un torto subito, a livello sociale e di relazioni internazionali questo comportamento non è consigliabile, sia perchè le persone lese sono moltissime sia perchè non è moralmente accettabile non correggere le ingiustizie fatte alla società od ad un intero popolo.
Detto questo, come mettere in atto questi principi in una realtà come quella della guerra in ucraina dove da un anno a questa parte solo i militari morti da entrambi i lati sono secondo stime giornalistiche almeno quattro volte superiori ai militari americani morti in dieci anni di guerra in Vietnam, e i danni infrastrutturali stimati fin’ora di circa 350 miliardi di Euro?
E’ certamente comprensibile che la parte aggredita sviluppi un odio sordo ad ogni altro sentimento, ciò nonostante dobbiamo cercare di razionalizzare lo sguardo verso questo conflitto.
Primo, qual’è la parte aggredita?
La popolazione russofila in Donbas parla di aggressione ucraina verso il proprio desiderio di indipendenza già dal 2014, e la Russia da allora non fa altro che sostenere il loro diritto all’autodeterminazione fino all’intervento del 24 Febbraio di un anno fa per porre fine all’oppressione ucraina.
Di contro, l’Ucraina parla di pesanti ingerenze nei problemi interni da parte di un vicino ultra potente e prepotente che prima si è impadronito della Crimea e poi vedendosi impunito ha pensato di poter impadronirsi dell’intero paese. Chi ha torto e chi ha ragione?
Aggredire militarmente uno stato sovrano da parte di un altro stato contro ogni regola della convivenza internazionale è perciò sicuramente da condannare, ed il formarsi di tifoserie contrapposte nell’opinione pubblica che difendono le ragioni degli uni o degli altri è sicuramente un approccio errato. Proviamo perciò a conoscere meglio i due paesi in guerra e le vere ragioni che li hanno trasformati in nemici giurati.
La Russia è un impero fin dalla sua nascita, si può tranquillamente dire che non è mai esistita una Russia non imperiale. L’immenso paese di 17 milioni di kmq si è sviluppato dal XII secolo dal gran ducato di Mosca via via fino a occupare tutta la parte asiatica fino all’affaccio sul pacifico sottomettendo ogni popolo, lingua e cultura che trovava sul suo cammino. Gli Zar, nome che significa Caesar, dunque imperatore, fin dai tempi di Ivan IV si sono sempre ritenuti i successori della Roma imperiale, perchè caduta la prima Roma, poi Costantinopoli, la seconda Roma, toccava alla Russia essere la terza Roma ed essere il rappresentante e contemporaneamente il difensore della cristianità e dei valori dell’occidente; questa convinzione è ciò di cui ogni russo si nutre dalla scuola elementare in poi e che assieme alla convinzione di essere un popolo invincibile contribuisce a formare la sua identità. La fine degli Zar nel 1919 non pone fine all’impero che invece si perpetua anche nell’era sovietica arrivando alla sua massima espansione ad ovest sul fiume Elba superando i 22 milioni di kmq. Il crollo dell’Urss ed il successivo ridimensionamento ci portano ai giorni nostri. Quando sentiamo Putin tessere contemporaneamente le lodi di Pietro il grande e di Stalin, quindi i massimi creatori dell’impero, seppur con paludamenti istituzionali diversi, possiamo comprendere un po’ dell’essenza stessa della Russia e di come i russi guardino a se stessi, che possiamo riassumere in: poveri purché potenti. Il Ruskiy Mir, il mondo russo per loro va da Kiev a Vladivostok e sarebbe bene tener sempre presente questa sensibilità quando si ha a che fare con loro. Con la Russia bisogna sempre trattare con la consapevolezza che è un enorme paese, con una modesta economia (ha più o meno il Pil del nord Italia con più del doppio degli abitanti dell’Italia), ma che è e si crede impero, e che sa, che solo come impero può esistere una Russia, senza sarebbe nulla. C’è perciò nella psicologia russa uno iato che è la contraddizione tra la vastità del territorio e la lunga ininterrotta storia imperiale che genera un forte complesso di superiorità e la precarietà dovuta all’assenza di barriere orografiche significative che dalla germania, attraverso la pianura sarmatica arriva agli urali e che incute nei Russi il senso di essere aggredibili da occidente, da dove storicamente, sono sempre arrivate le minacce e i tentativi di invasione. Allora è chiaro che l’Ucraina, nella narrazione di Mosca non è solo la culla della civiltà russa, ma più prosaicamente è l’antemurale irrinunciabile alla propria sicurezza, così come pure la Bielorussia. Si può cominciare a capire così l’errore di valutazione fatto dagli Usa; nella loro tattica di voler contenere e circondare la Russia hanno risvegliato tutte le fobie possibili nell’animo russo. Ciò è per i russi semplicemente inaccettabile. Ma anche Putin, ordinando la marcia su Kiev ha commesso un errore strategico, ha reso evidente davanti al mondo la debolezza del suo esercito nel fare la guerra tradizionale, errore dal quale, evidentemente, non sa più come cavarsi. Quanta Ucraina dovranno conquistare i russi per poter far credere al mondo e a se stessi di aver vinto non è ancora chiaro, ma presto dovranno cominciare a porsi questa domanda e decidere la risposta, perchè anche se sono stati abbastanza bravi a trasformare l’economia del paese in un’economia di guerra e quindi a supplire al materiale consumato dagli eventi bellici, in guerra si muore, e non è detto che la popolazione sia disposta in eterno a sostenere la scomparsa di un’intera generazione nelle trincee del Donbas.
La geografia e la storia contribuiscono a determinare il destino, nel bene e nel male, di un paese e vediamo come anche per l’Ucraina ciò sia assolutamente vero.
Che paese è l’Ucraina e che sistema politico e di potere governa la nazione che prova a resistere all’attacco russo scatenato il 24 febbraio 2022?
L’Ucraina già prima della guerra contendeva alla Moldavia lo scettro di paese più povero d’Europa, già allora la sua popolazione che ufficialmente doveva essere di circa 43 milioni di abitanti era in realtà, secondo le stime di molti osservatori, già sotto i 40 milioni a causa della necessità per moltissimi cittadini di emigrare alla ricerca delle minime condizioni di sussistenza. L’Ucraina è anche un paese che nella classifica mondiale della corruzione percepita si trova ben al 117° posto (La Russia occupa il 129°). E’ anche un paese che dopo la dichiarazione d’indipendenza del 24 agosto 1991 ha attraversato vicissitudini politiche drammatiche e contradditorie che l’hanno fatta altalenare tra la sfera d’influenza russa e quella occidentale. La guerra nel Donbass iniziata nel 2014 dopo i fatti di Euromaidan dell’anno precedente e la perdita della Crimea di pochi mesi prima, l’hanno gettata nella spirale di violenza che ha condotto alla situazione odierna di guerra totale per resistere alla Russia. Tutti si augurano una cessazione delle ostilità per dare al paese la possibilità di essere ricostruito, in alcune cancellerie europee e perfino nei paludati uffici dell’Unione Europea si parla di procedure di urgenza per l’adesione dell’ucraina alla UE. Se ciò si verificasse veramente sarebbe, a nostro parere, la catastrofe europea perfetta e non esclusivamente per ragioni economiche, anche se la ricostruzione, al momento in cui scriviamo e per le distruzioni fin’ora accadute, costerebbe multipli del PIL ucraino. La ragione principale da temere per il peraltro già instabile equilibrio europeo, sta nel peculiare modello istituzionale ucraino, che si è evoluto durante l’ultimo anno di guerra da un già, a dir poco, dubbioso modello democratico esistente pre 24 febbraio 2022, e che mal si concilia (eufemismo) con le regole e le garanzie richieste a chi fa domanda di adesione alla UE, per informazioni rivolgersi ad Ankara. Vediamo perchè;
Che l’Ucraina indipendente abbia un problema ormai trentennale di corruzione è risaputo, d’altronde Zelensky è stato eletto promettendo di combattere il malaffare, compito arduo che non si sa bene con quanto zelo sia stato intrapreso. Da notare le frequenti azioni di repulisti che anche durante la guerra si sono succedute e che però curiosamente hanno spazzato via sempre e solo i vice ministri e mai i titolari dei dicasteri. Se però, si va a guardare bene si nota che, per una sorta di lottizzazione all’ucrainese si vede che i ministri sono sempre del partito di Zelenski e i vice degli alleati nella coalizione di governo, quindi un po’ più sacrificabili. La guerra ha costretto il governo ucraino ha fare leggi che mal si accordano allo status di paese candidato all’Unione Europea e e se nel 2024, alle prossime elezioni, il governo Zelensky con la scusa della guerra e della relativa instabilità e insicurezza, le rimanderà a data da definire sappiamo già che ci saranno diversi paesi UE che eserciteranno il diritto di veto per evidente mancanza di democraticità all’entrata in Europa. Il destino dell’Ucraina sembra perciò quello naturale dato dalla sua geografia, cioè di fare il cuscinetto tra due mondi, che per volere dell’egemone americano devono rimanere separati il più possibile. Ad averlo saputo prima ci potevamo risparmiare una guerra. Prima o poi, quindi la guerra guerreggiata cesserà per mancanza di risorse da una o dall’altra parte; si tratterà allora di allestire una simil pace che sia accettabile dalle parti. L’aggressore russo si dovrà accontentare del territorio conquistato chiamando ciò vittoria per essere riuscito ad allontanare dai propri confini l’influenza Nato, l’Ucraina si sentirà (forse) più sicura per la presenza ai propri confini orientali di truppe neutrali (Onu o simili). Se questa è pace, a chi scrive non sembra, lo si vedrà negli anni o decenni a venire. Per l’Europa però, sarà nel futuro un elemento di instabilità permanente che inficerà pesantemente ogni piano di sviluppo, sia economico, sia istituzionale che di sicurezza. Situazione che fa comodo a tutti i protagonisti globali, meno, naturalmente, che a noi.
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