di Claudio Bricchi

Il terremoto in Turchia ed in Siria ha dato il via alla gara degli aiuti umanitari. Le immagini dei due paesi devastati dal sisma non possono lasciare indifferenti e molte persone contribuiscono con donazioni private, grandi e piccole, allo sforzo di solidarietà.

Molti Stati, attraverso organizzazioni come la Croce Rossa e la Luna Rossa, accorrono in aiuto.

Nel complesso, secondo The Sirya Report, autorevole rivista di analisi economica dedicata alla Siria, ben il 74% degli aiuti giunti in Siria, tra il 14 ed il 17 Febbraio sono arrivati da paesi arabi e soprattutto sono arrivati nelle zone controllate dal governo; il 15% è arrivato da paesi come l’Italia e altri paesi europei e non, mentre solo il 10% è arrivato da paesi alleati chiave del regime di Assad come Russia, Cina ed Iran.

Il sistema di potere che fa capo a Damasco e che si articola in una miriade di attori locali, élite, notabili, funzionari di partito, signori della guerra, trafficanti, intermediari, faccendieri, prestanome e gregari di ogni colore e foggia, riceve così ingenti risorse che servono a prolungare la propria sopravvivenza e quella dei loro clienti in una situazione finanziaria drammatica. Gli aiuti per l’emergenza umanitaria e per la ricostruzione contribuiscono così a mantenere in funzione l’economia di guerra che è basata sulla distribuzione esclusiva di servizi, gestiti come strumento per creare consenso nella frammentazione della società siriana, su base clientelare, ideologica, familiare, comunitaria e identitaria. Mentre il governo, nonostante gli appelli internazionali, ha concesso l’autorizzazione a far transitare gli aiuti dai territori da esso controllati a quelli dove operano le milizie anti governative con colpevole ritardo.

In Turchia la situazione dal punto di vista umanitario è senz’altro migliore, mentre quella politica diventa ogni giorno più tesa. I limiti della macchina dei soccorsi nazionale sono sotto gli occhi di ogni turco, così il governo reagisce stringendo la repressione verso le opposizioni, preoccupato dalle imminenti elezioni politiche e dal precedente del 1999; allora il terremoto e le inefficienze del governo nell’organizzare i soccorsi aiutarono Erdogan a prendere il potere. Il timore del ricorso storico è enfatizzato dalle già molte denunce alla magistratura da parte di privati cittadini e comitati che evidenziano sia l’inefficienza che la corruzione.

Quel che si evince dalle storie parallele di Siria e Turchia è la banale e triste costatazione che ancora in molti paesi del mondo il potere è apertamente sordo e cieco di fronte ai bisogni dei cittadini anche nelle emergenze più acute. In Siria si ha l’impressione che il terremoto sia stata solo una parentesi che ha interrotto la normale attività di quel paese, la guerra, che continua.

Dante Faraoni

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